La costituzione geologica del suolo della Puglia, è un’enorme zolla 1calcarea.I calcari compatti subcristallini del Cretacico costituiscono la base della regione pugliese: è la roccia che o affiora alla superficie, come avviene nella massima parte del Gargano o delle Murge, o è ricoperta da lembi poco potenti di terreni più teneri, terziari o quaternari, come spesso succede nella penisola Salentina; solo nel Tavoliere, i terreni recenti, sabbie ed argille del Pleistocene, si avvicendano, almeno fino a qualche centinaio di metri di profondità, senza che s’incontri la massa calcarea del Cretacico. Un terreno pure notevolmente diffuso nella regione è il cosiddetto “tufo”; anch’esso, peraltro, ricopre con banchi, generalmente di scarsa potenza, i calcari cretacici di base, e da questi il tufo trae la sua origine; esso è un calcare arenaceo per lo più di formazione pliocenica; s’incontra lungo le falde delle zone di maggiore elevazione (Gargano e soprattutto Murge),e in numerose aree della Penisola Salentina. Esclusivamente nel Salento, infine, è rappresentato un sabbione argilloso-calcareo, di formazione miocenica, che è noto, per l’appunto, col nome di pietra leccese: anche questo terreno è di scarsa potenza e poggia da per tutto sul calcare mesozoico.
Le isole Tremiti (isole perigarganiche) lembo della famosa area continentale, detta Adria, che, con prove assai dubbie, alcuni sostengono avrebbe occupato, in tempi geologici più o meno vicini, il bacino medio e settentrionale del Mare Adriatico e avrebbe congiunto la Puglia con la Dalmazia. Il gruppo è formato da un’impalcatura calcarea, del Cretacico, su cui riposano per vaste aree altri calcari, dell’Eocenico, e nelle zone pianeggianti una costa pure calcarea, attribuibile al Quaternario. Distanti dalla costa garganica 22 chilometri e costituite dalle isole di San Domino e San Nicola, tra cui si frappone il Cretaccio e Caprara (o Capraia o Capperaia, contigua a San Nicola) e con una superficie complessiva di 3,01 chilometri quadrati, le Tremiti presentano una contrastante geomorfologia. San Domino deve la sua forma pianeggiante all’impalcatura di calcareniti e calcari eocenici che bordano gran parte del litorale ed emergono dalla larga coltre di loess, che ricopre estesamente l’isola, nel Colle del Romito, in cui si tocca la massima altitudine(116 m). Nella fiancata occidentale la Formazione di San Domino si intervalla per ampio tratto al “crostone” calcareo assumendo pertanto una differente morfologia rispetto alla fiancata orientale dove il “crostone” si sparge in fascia continua a contatto con le marne giallastre mioceniche(Formazione del Cretaccio) incise in varie cale (Cala dello Spido, Cala Matano, Cala del Pigno ecc.). A San Nicola la Formazione omonima (dolomie, in massima parte, plioceniche) poggiante sulla Formazione del Cretaccio, che affiora in quasi tutto lo sviluppo costiero, è responsabile della sagoma a torrione, sbalzato in aspri e inespugnabili dirupi. La costa rettilinea, a ripa, quasi affatto priva di grotte, gradini, gruppi di scogli ecc., dipende dalla friabilità delle marne, così come da essa derivano gli spalti dirupati dal franamento delle dolomie private del sostegno delle marne,disgregate dall’abrasione marina ed erose e disfatte dall’azione eolica e dalle acque di dilavamento.
Il Cretaccio è composto di marne giallastre del Miocene medio che si sciolgono durante le piogge dando alla superficie del mare circostante lo stesso colore giallastro che dura diversi giorni. Numerose concrezioni ferrose di varie grandezze sporgono dalle pareti marnose, dalle quali il geologo Baldacci prelevò una marcasite ovoidale fortemente limonizzata.Gli scogli del Cretaccio orientale si presentano con striature rossastre, bucherellati e ricchi di granuli verdastri di glauconite-La marna non è altro che un “antico fango marino” (argilla) consolidato da percentuali variabili di calcare, mentre l’arenaria deriva da sabbie indurite da un cemento prevalentemente calcareo.
L’origine di questa unità geologica deriva dalle innumerevoli “correnti torbide” di detriti che, per milioni di anni (perlomeno tra 15 e 8 milioni di anni fa) si depositarono sui piatti fondali marini che si trovavano al posto dell’attuale catena appenninica: dalla decantazione di tali particolari “torbide” sottomarine andarono individuandosi strati sabbiosi (le arenarie) alternati ad altri di tipo argilloso (le marne). Risulta fossilifera, talora con notevole abbondanza di forme e di esemplari, con fossili in buono stato di conservazione.I sedimenti marnosi sono diffusi in tutto il mondo, nella maggior parte dei domini marini e lacustri del passato geologico.
In Italia sono presenti in tutti i contesti geologici sedimentari, e risultano particolarmente diffusi nell’astigiano, nell’Oltrepò pavese, nelle prealpi varesine, comasche, e bresciane; marne argillose a foraminiferi sono presenti nell’Appennino centro-meridionale; le “crete” nel senese; i “mattaioni” presso Pisa e Volterra; in Sicilia lungo la costa mediterranea sotto il nome di “Trubi” e nel bolognese ai piedi dell’appennino.
La Caprara, come San Domino, mostra un massiccio imbasamento calcareo con strati di silice nella parte orientale di Cala Sorrentino. Da Cala Sorrentino a Cala Grande quasi tutta la zona rivolta a nord è composta da calcari durissimi, compatti, spesso piromachi, la cui massa è attraversata da sottili leptoclasi (sottili fratture nelle rocce sedimentarie) riempite di calcare alabastrino. Le basi dei dirupi del versante meridionale di Caprara, sono calcari eocenici, sui quli si sovrappongono la marne giallastre mioceniche, come quelle di S.Nicola, né mancano in superficie dei sottili conglomerati a facies continentale. I depositi ghiaiosi sono strettamente localizzati nella Cala Sorrentino, ad occidente dell’isola, cala in via di arretramento per frane,e nella quale è avvenuta una naturale selezione delle dimensioni dei ciottoli, che va dai grossi sassi ad un brecciame minuto e lisciato, la cui spiegazione è da ricercarsi nella corrente che proviene da Punta del Diamante di S. Domino.
Il Tellini e Squinabol sostengono che l’arcipelago delle Tremiti sia derivato dalla frammentazione di un’unica isola, perché i canali che separano i frammenti sono poco profondi. Affermano, inoltre che il canale principale interposto è scavato nella roccia più tenera, che si trova nel seno dell’arcipelago, sulla quale il mare ha potuto maggiormente esercitare la propria azione erosiva. Il terreno agrario delle isole, di colore rossastro,è in gran parte autoctono, perché collegato con la natura della roccia madre, mentre l’intervento climatico lo ha notevolmente argillificato, generando la terra rossa, così comune nel Gargano e nel bacino mediterraneo, di reazione prevalentemente acida e con la buona attitudine per le graminacee e le leguminose.
Le Tremiti presentano due tipi di forme costiere: costa rettilinea a balza o a falaise e costa in declivio con numerose insenature. La prima, alta e dirupata a picco sul mare, coronata di scogli a pani di zucchero, interessa la parte occidentale e nord orientale di S. Domino e tutto il versante nord di Caprara.Tutta la costa dell’isola di S. Nicola è a picco sul mare e la mancanza di grotte, di gradini e di solchi di battente, va spiegata con la scarsa durezza delle marne che non oppongono resistenza al moto ondoso e alle acque di dilavamento, si da esserne incise,e vanno invece soggette a continuo sfaldamento. La costa in declivio invece, raramente si immerge nel mare senza formare una balza di qualche metro, determinato dal fatto, che nelle Tremiti esiste una concordanza fra morfologia superficiale del piano degradante al mare ed immersione degli strati, per cui l’ondazione determina in tal caso una piccola balza. Attualmente le balze dirupate delle rocce vive, tagliate a coltello, con l’avanzamento di scogli grandi e piccoli, di faraglioni e simili, dimostrano che tutto l’arcipelago è in fase di arretramento e di involuzione di superficie. Molti tratti costieri dell’arcipelago sono notevolmente interessati per il gran numero di grotte, prodotte dall’azione morfologica del mare, che assumono una frequenza di fenomeni importantissimi. Fanno eccezione l’isola di S.Nicola, che non presenta cavità costiere importanti, per la natura della roccia base che è di marne friabili e franose, ciò che si nota anche nel Cretaccio. Nello stesso perimetro costiero una non comune dovizia di ponti naturali, detti “architielli” dei quali due a S. Domino e uno a Caprara.
1-Il calcare è una roccia sedimentaria, come tale la sua composizione è sempre molto varia in funzione delle condizioni di formazione, in base alle quali le rocce sedimentarie si suddividono in tre grandi gruppi:sedimenti chimici, sedimenti organogeni, sedimenti clastici. La parte prevalente delle rocce calcaree va inclusa nei sedimenti organogeni; una parte minore si è formata per precipitazione da soluzioni acquose soprassature come sedimenti chimici. Infine, possono anche formarsi sedimenti calcarei clastici, qualora le rocce, formatesi originariamente per via chimica o organogena, vengano distrutte fisicamente e poi ricomposte in altro luogo.Le rocce calcaree partecipano solo per circa lo 0,25% alla formazione della crosta terrestre, ma rappresentano il terzo tipo di roccia sedimentaria più recente dopo gli scisti argillosi e le arenarie. Fra i numerosissimi utilizzi del calcare vi è quello, in pezzatura e miscela diverse come pietrame, pietrisco e sabbia per le costruzioni stradali e di calcestruzzo nell’industria dell’acciaio, della chimica e del cemento.
BIBLIOGRAFIA
A.BALDACCI, Un saluto alle Pelagose, Bologna, R.Tip del Cav.Uff. Leonardo Andreoli, 1911, 21 p
Cenni geologici sulla Adria quaternaria antica e formazione delle isole (perigarganiche) dell’Adriatico sud-occidentale rappresentate dalle Tremiti e dalle Pelagose , le quali sono le tracce superstiti dei corrugamenti terrestri che nel periodo pliocenico o in quello quaternario, univano il Gargano alla Dalmazia. L’A. oltre alle distanze delle isole dal continente, dà notizie dettagliate sulle Pelagose(16 scogli, grandi e piccoli) e sulla splendida costruzione del faro dell’isola più grande, appunto, Pelagosa abitata, all’inizio,da tre famiglie che costituivano la guardia del faro dell’isola e successivamente da pescatori. Nel mare fra le isole Pianosa e Pelagosa è definito il confine fra le acque (all’epoca) dell’impero asburgico e l’Italia(a tutt’oggi esistente). L’A. sostiene l’importanza strategica delle isole Pelagose e la superficialità del Governo italiano che non ha tenuto conto di essa, tanto che dopo la battaglia di Lissa le isole vennero incorporate all’Austria. Un territorio nazionale che storicamente apparteneva all’Italia, carpito dall’Austria. Un saluto alle Pelagose e… un addio.
O. BALDACCI, Ricerche geografiche sulle Isole Tremiti, Roma, 1923.
F. DELLI MUTI, Le Isole Tremiti, 4° ediz., Torino-Roma, Marietti Editori Tipografi Pontifici, 1965, 48 tav. bn, 4 tav. color. f.t.
Le Isole Tremiti, ormai lanciate nell’industria del turismo nazionale,emergono dalla zona d’ombra e dall’oblio in cui riversavano da lunghi anni, dopogli splendori goduti per la badia che vi ebbe sede, che Bertaux chiamava “un Mont-Cassin en pleine mer” e si affiancano ad altre bellezze d’Italia.
La presentazione alla 4° edizione dell’opera di F. Delli Muti è di Michele Vocino, cultore e studioso di storia garganica; dedica di Alfredo Petrucci.
Alla fine del testo : bibliografia essenziale e appendice di 24 pagine di giudizi sulle tre edizioni precedenti ; sovraccoperta plasticata con antica carta delle Isole Tremiti a colori e presentazione da parte dell’editore e del Presidente dell’E.P.T di Foggia; legatura cartonata in lison rosso con rasello nero sul dorso ed infine una carta geografica “Le Isole Tremiti” a tre colori in scala 1: 15.000.
A.TELLINI, Osservazioni geologiche sulle Isole Tremiti e sull’Isola di Pianosa nell’Adriatico, Roma, Tipografia Nazionale nell’Ospizio di San Michele, 1890, 75 p., 1 c. f.t.( Variazioni subite da una parte del Bacino Adriatico dal periodo Miocenico all’Epoca presente, Scala da 1 : 3.000 000. Tratto da: A. Tellini, Boll. Del R. Com. Geol. D’Italia, a. 1890, tav. XII).
Studio accademico dettagliato sulla geologia delle isole Tremiti nella descrizione dei terreni: Cretaceo inferiore, medio e superiore ; Terreni oceanici:Miocene medio e superiore, Pliocene inferiore, medio, superiore e terreno quaternario. Seguono le osservazioni sulla terraferma adriatica: l’Adria storica, quaternaria, pliocenica, miocenica