La Toponomastica lungo le coste di San Domino: da Cala degli Schiavoni alla spiaggia dei Pagliai e Scoglio del Monaco

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I nomi delle località lungo le coste sono elencati nel senso orario, iniziando da nord.

San Domino: San Domino, è’ l’isola più grande del Gruppo delle Tremiti. La sua superficie è di 208 ettari e conta appena 300 abitanti. Essa detiene altri due primati: è la più meridionale e la più alta (116 metri sul livello del mare) delle cinque isole; è costituita da un massiccio compatto di calcare eocenico, collinosa e coltivata, frastagliata di coste, così bella che i monaci Lateranensi la identificavano come Orto del Paradiso. In tempi remoti sull’isola era stata eretta una chiesa dedicata a Doimo o Domino o Domnione (in croato Duje; Antiochia di Siria, III secolo- Salona,304) vescovo romano a Salona, in Dalmazia. Per i latini era Trimerus, Trimerum o Tremetis (Tacito, Annali, IV, 71).

 Lungo le coste:

Cala degli Schiavoni: cala degli Schiavoni, antico porticciuolo schiavonesco con imbarcadero, Nel porticciolo “Schiavonesco” trovavano rifugio gli Schiavoni quando venivano alle Tremiti per la pesca delle sardine ( Sclavone dal greco Slavos, e dal neo-latino Sclabo o Sclavo, si indicavano al principio del medioevo le stirpi di origine diversa tra loro, identificate nella famiglia slava…)  Ancora oggi, l’imbarcadero, viene utilizzato dai pescatori come riparo per piccole imbarcazioni.

Toppa di Caino: una duna denominata “Toppa di Caino” divide a nord la banchina di S. Domino dalla cala delle Arene a sud. Veniva chiamata così perché al tempo dei monaci, lì sopra per futili motivi, vennero a diverbio due fratelli pescatori. Nel furore della rissa uno di essi uccise l’altro, facendolo precipitare per gli scogli in mare. In ricordo di questo episodio il monticello prese il nome di “Toppa di Caino” ed una croce stava a segnalare il fratricidio (ctz P.A.M.Di Chiara,La Montecassino in mezzo al mare, pg 65). Successivamente al suo posto venne issato un traliccio di ferro a sostegno della conduttura elettrica che collegava Cretaccio – S. Nicola.

Il 30 giugno 2011 sulla Toppa è stata posizionata l’opera scultoria, “Guerriero di bronzo” o “Guardiano Acheo”, commissionata da Lucio Dalla all’artista Michele Circiello, e donata alle isole Tremiti.

Cala delle Arene: La spiaggetta arenosa disposta alle spalle del piccolo approdo è lunga circa 200 metri, il fondale si prolunga da 15 a 20 metri. Ad ovest è limitata da una grande muraglia di scogli, munita di accesso ad una grandiosa cabina naturale scoperta,  ribattezzata dagli isolani “O bagn’e femmine”, il lido cioè in cui le donne potevano trovare paraventi di roccia che le proteggevano dagli sguardi indiscreti. Altre pareti di roccia a picco coronate di pini completano questa caratteristica e suggestiva opera della natura. Questa spiaggia dalla sabbia finissima, un tempo era un luogo discreto con pochi segni di vita: la centrale per la produzione dell’energia elettrica e un paio di edifici abbandonati.Su questa spiaggia fino al 1560 esisteva la Casa dei Pescatori fornita di ogni specie di reti da pesca, poichè la prospiciente cala delle Arene, priva di scogli, si prestava molto bene alla pesca. Il luogo era chiamato “luogo da tirare la tratta”. Al suo posto sorsero i magazzini per deposito  di grano, un pozzo e una vasca per abbeverare gli animali. Nel suo Isolario del 1696 Padre Vincenzo Coronelli cosi descrive l’incavo naturale nel fianco roccioso dell’arenile oggi di proprietà della famiglia Pica e usato per decenni come cabina ad uso spogliatoio per le bagnanti:”Nella parte Occidentale vedesi una Grotta assai grande sul Lido del Mare, che gli Isolani chiamano Grotta Monetaria, essendovi opinione che servisse di Zecca agli antichi Dominanti, mentre vi furono state scoperte monete di metallo e diverse incudini consumate ed altri stromenti per batterle. Tuttavia entrando visi da due porticelle cavate nel sasso trovasi un concavo a similitudine di Volta scurissima e vi si vedono molte ceneri, pezzi di pentole e diversi vasi di terra. Fra i scogli che la circondano si raccoglie sale a sufficienza per tutto l’anno, naturalmente prodotto dall’acqua marina che fermatasi su i lidi de’ scogli stessi e condensata con la spuma che sopragiugne e con la rugiada diviene sale bianchissimo e meno acuto d’ogni altro”. Ponderando sulla descrizione del Coronelli si potrebbe ipotizzare che la Grotta Monetaria sia stata un’antica testimonianza dell’arte preistorica sull’isola e il suo deposito del tutto asportato nel corso dei secoli.

Cala del Mutino o Mutillo: per la sua forma di “imbuto” (in dialetto = mutino) e impluvio i acque piovane.

Punta e Cala dello Spidoo dell’Ospido: Cala dello Spido è un’ampia e bellissima cala di forma semicircolare con acque chiarissime e iridescenti. è posta tra cala Matano e la piccola insenatura del Mutillo. Trae il nome dai reperti archeologici rinvenuti in questa località: armi sottili e lunghe come spiedo.

Punta e Cala Matano (o della Duchessa Matania, presumibilmente consorte del comm. Elia, amministratore dei vigneti sperimentali sorti sull’isola): già segnalata sulla carta del Touring Club Italiano datata 1918, limita al N.E. l’omonima cala che internandosi nella costa, forma una piccola ed accogliente baia con spiaggia arenosa costituisce un approdo naturale per le imbarcazioni da diporto, caratterizzata da una serie di lastre piatte  che appaiono come scogli tagliati e appoggiati sul mare, invitanti per un bagno di sole.In alto campeggia la casa a due piani  che ospitava il Direttore agronomo della Colonia Agricola Penale, nota per la produzione di diverse qualità di ottimo vino. Oggi “Belvedere” di San Domino. Cala Matano è legata a Lucio Dalla e al suo album Luna matana. Il cantautore Bolognese nel parco della sua villa in cima agli scogli custodisce due storici gusci in vetroresina del Touring Club Italiano, in cui ha trascorso le vacanze quand’era ancora un ragazzo, innamorandosi dell’ ineguagliabile bellezza di queste .

Punta e Cala del Pigno: perché coronata da alberi che fruttificano pigne e pinòli.

Scogli dell’Elefante: Alcuni tratti di mare, stimolano la fantasia con le forme più strane della costa rocciosa, come l’evidente prominenza della scogliera, detta punta dell’elefante, che sembra un pachiderma accovacciato che immerge la proboscide in mare. Da questo lato si prospetta in lontananza, tra cielo e mare l’isola di San Nicola. Lo scoglio dell’Elefante o punta di S. Domino, è un elemento d’interesse sulle carte nautiche, quale punto di riferimento. Lo scoglio è tra i richiami turistici più suggestivi dell’isola. Il tratto di mare del versante S.E. della costa, soprattutto nel periodo estivo, è molto trafficato da aliscafi, motonavi e traghetti in arrivo da Termoli e dal Gargano e in partenza da S. Domino e S. Nicola.

Cala del Sale-Grotta e Scogli del Sale: lo Scoglio del Sale che denomina la  grande Cala del Sale trae la sua origine dal contrabbando di sale che un tempo veniva depositato e nascosto nella grotta, indispensabile per la produzione artigianale delle alici che, a Tremiti era frutto di uno scambio culturale con marinai slavi (Schiavoni) e siciliani nel XVIII. Era un lavoro pesante senz’altro, ma dava alle famiglie un buon risultato commerciale. La pesca si praticava in tutti i mesi dell’anno anche se le alici  migliori venivano pescate nei mesi primaverili. Dopo la cattura venivano sciacquate in salamoia e decapitate manualmente e in seguito reimmerse in salamoia e poste nelle latte per la stagionatura, un procedimento di lavorazione che occupava l’intero nucleo familiare.  Nei primi giorni si cambiava posizione alle latte e lo strato superiore di sale sostituito con sale pulito detto “spuma o fior di sale” proveniente dalla “grotta del sale” di San Domino dove il prezioso minerale di contrabbando veniva nascosto. Successivamente le latte con le acciughe sotto sale si lasciavano pressate per lunghi mesi fino al raggiungimento della maturazione ottimale del prodotto.

Cala delle Roselle: perché in alto vegetano cespugli di roselline selvatiche, a stelo sottile e lungo sino a 1 metro, e secie di margherite che si schiudono di notte e rimangono chiuse di giorno.

Grotta delle Viole: si tratta di una delle più famose grotte dell’arcipelago. Così chiamata sia dal colore spesso violaceo delle acque(entrando a sinistra) per i riflessi in tempo di fioritura delle rosee “centauree”,della gialla”ambretta” e dai fiordalisi blu; sia dai ciuffi di “violette” selvatiche sporgenti a mezza costa. L’imboccatura centrale della grotta è un ingresso ad antro( largo cinque metri) con una faglia di trabeazione (spaccatura orizzontale del masso) di carbonato di calcio. Il fenomeno della grotta delle Viole è dato dalle marmitte carsiche che hanno ceduto alle condizioni idroclimatiche perdendo la copertura (la volta) anche i pilastri a lato hanno perduto la consistenza. Di una sua particolare bellezza, non paragonabile a nessun altra  grotta dell’arcipelago. Entrando si presenta uno scenario fiabesco: a destra e a sinistra la roccia a picco; in alto tra i crepacci, fiori vellutati d’argento e di croco; sotto il fondale marino un mosaico di gioielli. Si sbuca, poi, in un’ampia vasca, le rocce si tuffano da un’altezza di 10 metri e sono tappezzate di viole e centauree mentre il sole scivola sulle pareti e manda riflessi gialli, verdi, bianchi, lilla, ametista, smeraldo, turchese, porpora, amaranto.

Cala di zio Cesare: probabilmente dal nome di un colono, assegnatario del “tomolo” di terra sovrastante. Bella cala per i suoi lastroni levigati.

Punta di Ponente: denominazione conferita dal punto cardinale dal quale soffia il vento da ovest verso est.

Cala delle Tre Senghe:. la costa, su questo lato dell’isola,esposto a mezzogiorno, prosegue erta e frangiata fino alle Tre Senghe dovesono visibili “tre” lunghe spaccature verticali della roccia a picco. Si tratta di uno dei luoghi più incantevoli, affascinanti e suggestivi per gli appassionati di immersioni, un  sito archeologico di grande interesse storico. Tra il 1981-82, una serie di esplorazioni  subacquee, volute dalla Soprintendenza Archeologica della Puglia intorno alle coste delle isole Tremiti , rilevarono l’appartenenza del relitto delle Tre Senghe ad una nave di origine romana, risalente probabilmente al II, III sec. a.C.. Si trattava di un’imbarcazione mercantile, testimonianza della grande diffusione dei traffici e dei commerci nell’area del mare Adriatico, di cui l’arcipelago delle Tremiti era un importante centro di approdo, di passaggio e di sosta. Il relitto si trovava circa un centinaio di metri dalla riva appoggiato su un fondo sabbioso, a circa 25 metri al di sotto del livello del mare.

Grotta delle Murene: la cui entrata, molto angusta, non è praticabile dalle imbarcazioni, la costa si abbassa, e il manto della macchia e dei pini giunge a pochi metri dal blù e dal verde del mare; è l’habitat ideale dove le aggressive (se disturbate) murene rilasciano le uova per la fecondazione..

Punta del Diavolo: “Qui il mare fa il diavolo a quattro”! Ilnome fu dato dai marinai e pescatori che temevono questo tratto di costa per le sue forti correnti che costituivano un pericolo per le imbarcazioni.

Cala e Punta della Provvidenza: probabilmente perché, dopo essere riusciti a doppiare “la punta del diavolo” con mare in burrasca da scirocco, le imbarcazioni trovano un “provvidenziale” rifugio di mare un po’ più calmo. Non è da escludere che il nome sia derivato anche dalla sovrastante Zona del Romito ( punto più alto della collina di San Domino) dove nel XIV secolo un eremita vi costruì un rifugio e alle meditazioni alternò il lavoro della terra coltivando vigne, oliveti, piante da frutta, orti..

Cala del Bue Marino-Grotta del Bue Marino: La grotta (lunga 74 metri,larga 6 e alta 4 metri) è sovrastata da un  appicco roccioso che strapiomba in mare formando un indescrivibile orrido. I crepacci di questo sito sono l’habitat naturale in cui si sviluppa la Diomedea, rara specie di palmipede, lontana discendente dei grandi Albatros. Vive prevalentemente nell’acqua, nutrendosi di pesci, calamari e gamberi che pesca con il potente becco uncinato, anche in immersione. Di notevole dimensioni l’apertura delle ali  (supera il metro) con le quali volteggia planando a pelo d’acqua per poi risalire con lenti e possenti battiti. La Diomedea si raduna in colonie tra le rocce solo durante il periodo dell’accoppiamento. A stormi volteggiano fino a sera lungo la costa per poi rientrare a terra dove trascorrere la notte. Il loro canto d’amore, rituale del corteggiamento è lungo e articolato: quello del maschio, basso e penetrante è simile al pianto di neonato; quello della femmina leggermente rauco. Le note gravi e lamentose di questi particolari uccelli marini da sempre hanno suggestionato e fatto fantasticare gli uomini che lo hanno ascoltato nelle notti illuni sulla Ripa dei Falconi. Sulle pareti della grotta si rilevano incise numerose firme e date, presumibilmente del periodo Regio Piemontese. In questa grotta è presente il fenomeno della luminosità perchè la profondità non supera mai i 3 metri; ciò favorisce il riemergere suggestivo della luce del sole che, avendo attraversato le acque basse nella cavità ne tinge di azzurro le pareti. La costa, che include l’ampia cala del Bue Marino,dall’Appicco delle Diomedee a punta della Provvidenza sulla quale si erge il faro, una vecchia costruzione classica della Marina Militare, alto 48 metri e mezzo, con una portata luminosa di 20 miglia marine, a ottica rotante. Generazioni di fanalisti tremitesi si sono alternati con le loro famiglie a guardia del faro di S.Domino: Giovanni Greco, Emilio, Enrico e  Menico Calabrese. Il faro di S.Domino andava a carburo, acetilene disciolto, di fianco c’era un piccolo fabbricato dove si mischiava il carburo con l’acqua e diveniva gas acetilene. Dal faro parte la strada che s’inoltra nel fittissimo bosco del Colle dell’Eremita e prosegue per circa due chilometri fino all’abitato di S. Domino. Il faro, semidemolito è stato abbandonato dal novembre del 1987 anno in cui ci fu un’esplosione, durante la quale perse la vita uno dei due attentatori mentre tentava di innescare un ordigno potentissimo (il primo piano del piccolo edificio su cui si trovava il faro andò quasi completamente distrutto. Nel buio della Grotta del Bue Marino si riproduceva la foca monaca( Monachus monachus, Pinnipidi-Focidi, lunghezza 3 m., peso 300 chilogrammi). Ad anni alterni nasceva un solo piccolo che veniva seguito per alcuni anni dalla madre che gli insegnava i trucchi per cacciare pesci e crostacei. Alcuni esemplari isolati si possono ancora vedere transitare lungo le coste della Sardegna. Si contano sulle dita di una mano le foche che ancora frequentano i nostri mari per il triste primato del mammifero che corre maggiori pericoli d’estinzione in Italia e in Europa. L’inquinamento e una pesca distruttiva rischiano di far scomparire definitivamente l’unica specie di foca che abbiamo. Un grande progetto è stato attivato già da molti anni dal WWF per creare aree costiere riservate alla foca e per diffondere attraverso filmati, mostre e centri di educazione la richiesta d’aiuto di uno dei mammiferi più rari al mondo che gli anziani pescatori tremitesi, si vantavano un tempo di avvistare in fondo alla grotta del Bue Marino oppure nelle vicinanze.

Ripa dei Falconi: nelle spaccature della costa verticale, alta circa 80 metri sul mare, nidificavano numerosi i predatori “falchi Pellegrini” la cui aggressività anche verso l’uomo li rese celebri presso i falconieri di Francia che vennero a catturarli per le loro cacce con il falco, difatti la Ripa dei Falconi viene citata nella Cronica Istoriale di Tremiti: “ E’ detto che questi falconi sono di ottima specie e di cotanta bontà, e perfettione che i falconieri francesi, che ne fanno mercantia, venivano costì a comprarli, in quel tempo, per nella Francia introdurli, dilettandosi sopramodo i Francesi di tal caccia “Oggi sono rari ma non è difficile avvistare qualche esemplare a caccia di prede.

Architiello di San Domino: a punta Secca la costa continua bassa, arida e priva di vegetazione, con la sorprendente variante architettonica di una grotta traforata e coperta da una volta naturale ad arco. Ci troviamo, appunto dinnanzi all’ Architiello di S. Domino, ponte naturale scavato dall’acqua. Bellissimo a vedersi; é davvero suggestivo quando il mare in tempesta vi si frange contro e diviene schiumoso e si polverizza nell’aria con fenomeni di arcobaleni. Ancora più bello e più grande è quello di Caprara.

Punta Secca: a punta Secca la costa continua bassa, arida e priva di vegetazione, con la sorprendente variante architettonica di una grotta traforata e coperta da una volta naturale ad arco. (l’ Architiello di S. Domino).Qui finisce la costa ovest e inizia la costa nord. Il salino incide molto su questa costa con i venti di Bora e Maestrale.La prima fascia di pini bassi e cespugliosi crescono distesi a terra, i più alti sono rivolti a sud,piegati dalla forza del vento. La costa alta con le sue rocce taglienti è molto battuta dal mare e dai fenomeni erosivi.

Cala Rossa: semicerchio, circondato di nuda roccia e da una cava di pietra mista ad argilla rossa, sormontata fino alla Cappella dell’Eremita da una fitta pineta.

Cala delle Rondinelle-Grotta delle Rondinelle: la regione mediana (versante orientale del monte dell’Eremita) e quella settentrionale di S. Domino è costituita da basalti eocenici , cioè, una roccia calcarea molto dura. La grotta dove nidificano le “Rondinelle” marine è un tipico esempio degli effetti esercitati sulla roccia calcarizzata dall’erosione meteorica (fessurazione colonnare di calcareniti oligogeniche). Queste rocce, se osservate da lontano si presenteranno con forme  pittoresche perchè gli strati diversi tra loro, con la presenza dell’acqua azzurro-cupo del mare, assumono sembianze strane, o apparenza di forme imitative o fantastiche. All’interno la grotta delle Rondinelle è sorretta da due grandi pilastri naturali con uscita dalla parte opposta verso sinistra.

Cala delle Pecore: dai grossi massi frangiati a mare che somigliano a un gregge di pecore.

Cala dei Benedettini: al fondo della cala i monaci, al tempo della loro residenza a S.Domino (1010-1045 d.C.) avevano costruito una grande vasca per la raccolta di acqua piovana, denominata “Cisterna dei Benedettini”.

Punta del Vapore: Una prima versione vuole che qui fece naufragio  una nave a vapore inglese. Altra vuole che si trattasse del Lombardo. Focus (Milano,Mondadori) pubblica un articolo (n.149,marzo,2005, pp 20-26) che parla del ritrovamento sul fondale delle Tremiti dei resti del Lombardo, uno dei simboli dell’impresa garibaldina, la nave, che con il Piemonte trasportò i Mille da Quarto, vicino a vicino a Genova, fino a Marsala, in Sicilia. Il pirovapore (nave a ruote stile Mississippi) varato  nel 1841 per trasporto passeggeri sulla rotta Genova-Civitavecchia e Marsiglia-Napoli, nel 1845 venne messa in disarmo, quindi noleggiata dal Governo francese per trasportare truppe da Marsiglia in Algeria. In seguito fu acquistata dall’armatore Raffaele Rubattino. Nel luglio 1849 trasportò i superstiti della difesa dai francesi della Repubblica romana. Il 6 maggio 1860, dallo scoglio di Quarto, imbarcò, con la nave Piemonte, Giuseppe Garibaldi e 1089 compagni : 1088 uomini e una donna. I due vapori fecero rotta per Talamone. Qui il 7 maggio, furono consegnati a Garibaldi, dal comandante delle truppe piemontesi di Orbetello, 4 cannoni e munizioni per i fucili. L’8 ripresero la navigazione verso la Sicilia, dove giunsero l’11 maggio. Il Lombardo restò semiaffondato a Marsala fino all’11 luglio 1860, data in fino all’arsenale di Palermo dove fu restaurato e iscritto nella Marina da Guerra Sarda. Era ancora un’ottima nave e affrontò numerosi viaggi tra i porti italiani per trasferire truppe e consegnare detenuti alle colonie penali. Il 3 marzo 1864, il Lombardo al comando del Luogotenente di vascello Giuseppe Deista, lasciò Ancona carico di truppe destinate a Manfredonia e di detenuti per le isole Tremiti. Nella notte tra il 12 e il 13 marzo 1864 investì una secca dell’isola di San Domino. I tentativi di salvare il Lombardo durarono fino al 19 marzo 1864, quando la forza del mare gli spezzò la chiglia e la nave ormai irrecuperabile s’inabissò. I resti  del piroscafo sull’isola di S. Domino a Punta del Vapore, furono attribuiti al Lombardo (nave a due alberi, equipaggiata con due macchine a vapore da 208 cavalli ciascuna) dallo Storico e subacqueo Pietro Faggioli con la collaborazione di Pasquale Semeraro, segretario dell’Associazione Italiana di Documentazione Marittima. Sparsi sott’acqua su una vasta area tra 10 e 25 m. di profondità furono reperiti molti frammenti di lamiera di rame che proteggeva lo scafo in legno dalle teredini(molluschi che se ne nutrono), un passacavi per l’ancora e l’argano della stessa con un ammasso di catena, oltre ai resti metallici di una grande ruota a pale e una massiccia struttura dell’antica macchina a vapore e il bilanciere. Tra i reperti anche lunghi chiodi di rame a sezione quadrata, lamiere di rame, sartiame e resti dello scafo in legno e una palla di cannone ad avancarica.

Stralcio inedito del verbale di avaria del Piroscafo Lombardo

Isole Tremiti, 12 marzo 1864….”Ore 11,30 L’aria è diventata maggiormente nebbiosa, sicchè non si discrne l’orizzonte. Fui avvertito dell’apparire di un’ombra scura come una lingua di terra dal lato sinistro. Assicuratomi immediatamente, gridai al timoniere: tutto a dritta! Macchinista arresta!….

Il  Comandante

G. Deista

Cala degli Inglesi: vedi Punta del Vapore. Secondo una prima versione gli Inglesi si servirono della cala per approdare e cannoneggiare l’isola di San Nicola e qui un piroscafo a pale nel 1807 affondò per aver urtato presumibilmente contro il basso fondale. La Cala è attrezzata per la balneazione del Villaggio del Touring.

Punta del Vuccolo: la Punta del Vuccolo (da “vucculare”,verbo di origine longobarda, ossia chiamare, urlare. Da qui le mogli dei pescatori chiamavano,vucculavano i mariti di ritorno dal mare) . Altre ipotesi sull’origine del nome potrebbe essere la forma “a boccolo” della punta estrema della scogliera oppure  per “vuccoli” s’intendono i vortici delle acque interne al “pozzo”. Il Vuccolo è un piccolo promontorio molto sporgente che chiude a sinistra cala degli Inglesi. Si tratta di una marmitta carsica apertasi per abrasione di dilavamento, dissolvendo la formazione reticolare del banco che costituisce la struttura calcarea. Questo pozzo carsico ha anche un passaggio a mare aperto a meno di un metro sotto il livello dell’acqua.

Cala Tramontana: Doppiata la Punta del Vuccolo si apre il grande semicerchio di Cala Tramontana, versante N. –  N.W. dell’isola di San Domino, esposto ai venti di Tramontana che piegano e bruciano le verdi pinete. ( secondo la tradizione il nome deriva dal paese di Tramonti, situato a nord di Maiori ai tempi della repubblica marinara di Amalfi. Il nome si sarebbe diffuso con le bussole che gli amalfitani usarono per primi in Occidente. Nelle bussole non erano riportati i punti cardinali ma i venti, da cui il nome ancora diffuso di rosa dei venti per la stella di puntamento al centro del quadrante). Il mare, qui, rumoreggia frangendosi con violenza contro la costa arida e selvaggia, più salato e penetrante è il profumo del rosmarino, della cineraria e del mirto. All’interno di questa fascia costiera furono rinvenute le più antiche testimonianze di insediamenti umani nelle isole Tremiti e una necropoli neolitica. I primi ritrovamenti preistorici si devono al geologo Squinabol con le ricerche effettuate tra il 1895  e il 1906; si trattava di frammenti di vasi fittili di impasto grossolano, con decorazioni impresse ad unghia, a stecco o con gusci di conchiglie, che Squinabol avvicinava al tipo di Pulo di Molfetta e selci (coltellini, punteruoli, asce) lavorate a scheggiatura grossolana quale si nota in gran parte dei manufatti litici del Gargano oltre a numerosi oggetti di ossidiana rappresentati da lame a margini taglienti, da micro bulini e da alcune lamette a dorso ribattuto. Una enorme quantità di residui di lavorazione fu scoperta intorno a cala degli Inglesi, a testimoniare l’esistenza di una importante officina litica. A 48 anni di distanza dall’epoca delle escursioni di Squinabol, le ricerche al Gargano e alle isole Tremiti furono riprese da Francesco Zorzi, professore di Storia Naturale a Verona. Il resoconto repertoriale delle scoperte del prof. Zorzi  fu pubblicato nel 1950 nelle “Note Paletnologiche relative al Promontorio Garganico e alle Isole Tremiti e raffronti con l’industria “Campignana” del Veronese. Contributi recenti agli studi sulla preistoria nell’arcipelago delle Tremiti, si devono al Prof. Pio Fumo e ai suoi scritti.Questa zona di San Domino costituisce un itinerario del più alto interesse paesistico.

Cala Tonda-Grotta di Cala Tonda:  invaso di forma rotonda ricavato da una slabbratura della Cala di Tramontana,che forma un laghetto con fondo sabbioso,chiuso da alte pareti di roccia.

 Punta del Coccodrillo: come per quella “dell’Elefante”(costa orientale), anche qui la roccia che assume la forma di un alligatore ha stuzzicato la fantasia dei cartografi con la sua testa schiacciata, il dorso con varie grotte e due scoglietti antistanti la coda sottile, adagiata verso la Cala Tamariello.

Cala Tamariello: Questa suggestiva caletta, lunga e stretta, chiusa a sinistra da punta del Diamante, in passato, poco frequentata e ancora meno fotografata, trae il nome dai gamberi che i locali chiamano “amarielli”. Nei suoi anfratti, un tempo, il mare depositava i frutti legnosi delle castagne d’acqua( Trapa natans) trascinate dal Po, fino all’Adriatico. All’indomani di una mareggiata, i nativi”si affacciavano sugli scogli” alla ricerca di queste curiose “rosette” nerastre, nel torbido della “ stracquatura”, tra le fessure degli scogli. L’uso di portare una piccola castagna d’acqua appesa al collo divenne una moda e un segno di appartenenza alla “Filibusta” che contagiò anche i turisti. A Tamariello si accede direttamente al mare dai sentieri soprastanti alla pineta e ai terreni agricoli dei F.li De Nittis ; in questa cala è possibile l’attracco di piccoli natanti. Sul lato destro, attualmente, la baia è  stata attrezzata con pedane, ombrelloni e ristoro, su concessione comunale. La riva opposta, è riservata agli ospiti del Villaggio Internazionale.

Cala Diamante-Punta del Diamante: il tratto costiero nord orientale dell’isola di S. Domino (punta del Diamante) si presenta rettilineo a  falaise:  costa alta e dirupata a picco sul mare, coronata di scogli a pani di zucchero. Frane, balze tagliate a coltello, avanzamento di scogli grandi e piccoli (faraglioni e simili), dimostrano che tutto l’arcipelago è in fase di arretramento e di involuzione di superficie. In questa posizione privilegiata troviamo le strutture del Villaggio Internazionale di S.Domino. Dall’alto della punta del Diamante, infatti, la vista dei pagliai e dell’arcipelago è di una bellezza straordinaria.Il fondatore, Bruno Simonetti di Montelupone (Macerata) si annovera tra i pionieri del turismo alle Tremiti. Gran lavoratore, con la moglie Maria, impiantò nel 1963 un campeggio nella verdissima pineta che scende fino a cala Tamariello.  Nel 1966  le tende vennero sostituite da prefabbricati monolocali con servizi esterni e da villette in muratura con camere e servizi privati. I monoliti che adornano l’estremo altre isole.settentrione di S.Domino, tra grandi e piccoli sono in tutto una decina. Il più grande dei Pagliai è forato alla base da una parte all’altra per una lunghezza di circa venti metri navigabili. L’etimologia ci offre due versioni, una fisica e una leggendaria. O dalla costa aguzza, dura e puntuta come lo spigolo di un diamante, oppure dalla leggenda secondo cui “qualcuno” tra i personaggi storici che hanno nascosto i loro tesori alle Tremiti, avrebbe sepolto qui un diamante di straordinaria grandezza.

Spiaggia dei Pagliai – I Pagliai-Scoglio del Monaco: al lato della Punta del Diamante il primo gruppo di scogli; il più grande è detto lo Scoglio del Monaco,per la strana somiglianza che questa formazione calcarea, ha con un monaco in preghiera, a mani giunte, in ginocchio. Poco oltre il secondo gruppo di grandi scogli detti Pagliai vi è una spiaggetta soggetta a fenomeni franosi, raggiungibile solo via mare.

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