di Maria Teresa De Nittis
Il periodo cenobita a Tremiti ( secc. MC – MDCCLXXXII).
Il primo centro monastico sulle isole Tremiti affidato ai Benedettini di Monte Cassino, risale agli inizi dell’XI secolo, decadde nel 1237 e, sostituito dall’Ordine dei Cistercensi del Monastero di Casanova presso Parma. Le frequenti incursioni dei pirati slavi portarono nel 1334 alla scomparsa dell’Ordine e alla distruzione in gran parte del complesso monastico. L’isola di San Nicola rimase disabitata per decine di anni fin quando, nel 1412 Papa Gregorio XII inviò una congregazione di canonici Lateranensi della Regola di sant’Agostino. Questi religiosi, come i predecessori, vissero un primo periodo di ascesa dell’abbazia, al quale seguì un periodo di declino per le ripetute invasioni turche e per crisi economica, fino a quando nel 1674, con l’assenso del pontefice Clemente X, i Padri Superiori Lateranensi di Roma pensarono di vendere ai Padri Celestini l’intero monastero per pagare i debiti. Nel 1782 Ferdinando IV soppresse l’Abbazia, incamerando i beni nel Regio Demanio e dieci anni dopo istituì a Tremiti una colonia penale che rimase attiva fino al 1926, abolita quando le isole divennero comune autonomo nel 1932 e riattivata durante il periodo fascista, quando Mussolini vi istitui il confino di polizia, inviandovi confinati politici e delinquenti comuni. Il carcere di Tremiti con la sua triste storia di deportazioni venne chiuso definitivamente nel 1943 con la caduta del regime.
I badiali di Tremiti, abili dissodatori, vinicoltori, olicoltori, giardinieri, speziali, costruttori e guerrieri
I conventi furono i detentori di tutte le tradizioni gastronomiche, dando così grande impulso all’arte culinaria, e come afferma J. Claudian «Quasi tutti i progressi compiuti dall’inizio del Medioevo nei diversi settori dell’ economia e della tecnica alimentare, devono essere attribuiti all’opera metodica e perseverante svolta dalle istituzioni religiose». Agli ordini monastici medievali dobbiamo molto, non solo per aver salvato dall’oblio la cultura classica grazie al prezioso lavoro di tanti anonimi amanuensi ma anche per aver “impostato” quella che poi sarebbe diventata nei secoli successivi la nostra tradizione culinaria. Sull’alimentazione dei badiali delle isole Tremiti, non si possiede documentazione certa, ma era proverbiale, l’ospitalità dei religiosi ai forestieri attirati dalla fama del Santuario della Madonna della Protezione. Insieme alle imbarcazioni dei pellegrini e dei pescatori delle coste garganiche e dalmate, numerose erano le navi provenienti dall’Oriente, di governanti, e di mercanti veneziani, che gettavano l’ancora nella rada delle isole. I forestieri, scendevano a terra per rifornirsi di viveri e barattare merci con i Religiosi. La Cronica Istoriale di Tremiti, datata Venezia 1606, opera manoscritta di Benedetto Cocorella da Vercelli, Canonico Regolare del Salvatore Lateranense, contiene osservazioni dettagliate dell’arcipelago. San Domino, isola consacrata all’Apostolo Giacomo il maggiore e a San Domino, Vescovo e Martire, viene descritta con piantagioni di vari alberi da frutto, tra i quali melograni, mele nane, ciliegi, fichi e fichi di Chio che pungono, ma soprattutto vigneti e oliveti, si giustificava così, la presenza di un torchio per la macina delle olive, dalle quali si ricavava una qualità eccellente d’olio, molto dolce. Benedetto Cocorella cita, inoltre una qualità di sale bianchissimo che si raccoglieva dagli scogli nei dintorni dell’Isola in misura largamente sufficiente per l’uso della mensa. Tra le delizie di quest’Orto di Paradiso non mancavano, erbe aromatiche e medicinali e abbondanza di cacciagione e varietà di specie ittiche. Dissodatori, costruttori, architetti, giardinieri,banchieri, silvicoltori, coniglicoltori, allevatori (i cistercensi), in queste piccole isole gli Ordini di monaci che si sono succeduti, svilupparono tecniche agricole e alimentari che sono rimaste alla base della cucina locale. Intorno alla potente e ricca Abbazia di Tremiti, vi erano cisterne e pozzi per la raccolta delle acque piovane, orti e terrazzamenti a San Nicola ( importantissimi erano quelli delle erbe mediche) e luoghi di lavoro agricoli a SanDomino . I monaci erano gli unici a possedere un laboratorio di farmacia, gli unici a raccogliere i fiori a dissotterrare le polpose e odoranti radici. Di conseguenza solo loro erano in grado di fabbricare liquori e distillati e a produrre i vini speziati e aromatizzati alle erbe, che vedremo fiorire per secoli. I monaci sono all’origine di tutto, agenti attivi di quel che un giorno sarà l’Italia buongustaia. Nel quinto capitolo della Cronica Istoriale di Tremiti, Cocorella descrive gli ambienti dell’ abbazia di Tremiti: i porticati con le spaziose arcate che formano il chiostro dei Chierici Canonici e l’ingresso a una grande e magnifica sala da pranzo, che i religiosi chiamano refettorio,orientato a sud con a fianco una bella cucina con un deposito sul retro, adatto alla conservazione delle vettovaglie(dispensa delle brocche). L’abate vercellese, cita un portico panoramico sul mare,detto la pergola e un refettorio estivo con tre finestre a nord. Tra gli ambienti del monastero vengono elencati gli alloggi per i pellegrini, la biblioteca, un cenacolo, tre alloggi per la cura dei malati e una bella spezieria, fornita di ogni genere di aromi e medicine diretta da un farmacista e da un medico esperto. Non mancavano le botteghe artigiane, un forno e una grande e famosa dispensa da vino, con mirabile volta in pietra. Nel rito cristiano è necessario il vino per celebrare la messa. Vescovi e monaci, proprio per evitare di importare con grandi rischi e spese vini provenienti da regioni lontane, si fecero, in modo del tutto naturale, promotori della viticoltura: è questo un bell’esempio di necessità incontestabilmente spirituale con conseguenze economiche (il successo finanziario dei monasteri ha la stessa origine). I monaci, autorizzati da san Benedetto a bere vino, piantarono la vite in ogni luogo in cui il terreno sembrava più o meno adatto. I monaci bevevano vino non solo al naturale, ma anche aromatizzato (all’anice, al rosmarino, all’ assenzio: come aperitivo), o bollito e speziato con la cannella, i chiodi di garofano, le mandorle dolci, con un po’ di muschio e di ambra, o ancora con un’ aggiunta di miele come il pigmentum, bevuto il Giovedì santo.
Didascalie:
1- Veduta dell’Isola fortificata di San Nicola
2 – il primo chiostro dell’abbazia chiostro dell’Abbazia di S. Maria a Mare, più piccolo e antico, lungo 35 m. e largo 15 m.,con il porticato libero dalle murature effettuate al tempo della colonia di confino. Nel piccolo chiostro vi è un pozzo centrale con data del restauro 1793 ed una ghirlanda circolare nella quale è un uccello diomedeo. Sui quattro lati si schierano i portici con volte a crociera sorrette da pilastri di pietra ed arcate; lungo la parete esterna della chiesa troviamo un pilastro con un portale ogivale, come ingresso alla struttura. Il chiostro comprendeva fabbriche per i vari servizi della fortezza: refettorio, cucina, infermeria, spezieria, alloggio del medico, barberia e il “Capitolo”, una stanza adibita per le riunioni religiose dei padri. Da questi locali si scendeva al “Cegliere Grande, e magnifico in volta nel sasso fabbricato”, e alla prigione di “Tramontana”, attraverso un corridoio verso tramontana, a sinistra c’era il forno e a destra il “Centimolo con due macine che fanno quanta farina consuma la Fortezza”.
3 – Il torrione inespugnabile di San Nicolò, incastonato nella roccia col suo maestoso sperone circolare.
4 – Tappeto musivo quadrangolare centrale, quasi intatto (XI sec.). Particolare dell’ area presbiteriale, ai lati dell’altare maggiore si rilevano due cervi che si affrontano con grandi corna ramificate su un fondo decorato con tralci vegetali .I due cervi, simboleggiano le anime ansiose di unirsi a Dio.
5-6- l’Agnello di Dio. Parte posteriore della Croce dipinta“Cristo Grande” , sec. XI
7- Manoscritto medievale “La cucina dello Spirito”
8- Il pane dei monaci
9- La cucina medievale dei monaci
10- L’orto medievale
11-19 bibliografia essenziale sul cibo dei monaci nel Medioevo e la cucina nei conventi e monasteri.